sabato 10 novembre 2012

Senza sentire freddo

Titolo alternativo per il cliente esigente che vuole poter scegliere:
Cambio di stagione.

Di nuovo inverno. È tornato il cattivo tempo dicendo che in fondo qui si trovava bene.
Fa freddo, fuori. Dentro. E anche un po' intorno.
E il segno dell'abbronzatura ancora accennato sembra prenderti in giro mentre tiri fuori le sciarpe da in fondo all'armadio. Come per dirti "Ti sembra sia passata una vita dall'estate? Manca ancora tanto alla prossima volta che ci vedremo. Sciocchina."

Cambiare gli armadi a inizio stagione ti fa venire voglia di cambiare vita.
È un cambio di stagione emozionale.
Alcune cose, alcune persone le tieni, vanno bene per tutti i periodi, continuerai a indossarle, forse, per quella durata di tempo che giochiamo a chiamare sempre.
Altre le butti via o le regali, spesso a malincuore, perché non ti vanno più bene, ti vanno strette, ti vanno larghe, ti cadono troppo male.
 

A volte ritrovi nel fondo di un cassetto cose o persone che avevi dimenticato, ma che ti piacevano così tanto, allora le rimetti all’aria, decidi di indossarle nuovamente, le porti con allegria.
Altre che ti stanno male, che ti fanno male, ma che ti sono costate così care, le chiudi in un baule, provi a dimenticarle, ma alla fine non le butti via, perché prima o poi, lo sai, vorrai indossarle ancora o solo guardarle e toccarle, per sapere che, un tempo, sono state così tanto tue.
 

Ma cambiare vita è un faticoso lavoro di rimettere in ordine, togliere, rammendare, lavare e stirare le cose e le relazioni.

Ancora più difficile mentre fuori piove e fa freddo e sai che c'è bisogno di svuotare gli armadi e riempirli di colori nuovi. E la cosa meravigliosa è che così ci sarà spazio, per riempire di cose belle e nuove i tuoi vecchi armadi, senza nemmeno bisogno della carta di credito.

E se alla fine tutto questo cambiamento riuscirà, se con l'esperienza degli inverni passati saprai scegliere ancora le persone e il cappotto giusto per sentirti protetta, si potrà tornare anche a giocare con la neve proprio come fanno i bambini.

Senza sentire freddo.


martedì 23 ottobre 2012

Ladri di biciclette


Titolo alternativo per il cliente esigente che vuole poter scegliere:
BikeMi

Tutte le mattine io la lego. La lego al palo, la mia bici rossa scassona e cigolante. La lego al palo all’angolo. Legata allo stesso palo c’è un’altra bici, un po’ meno scassona e blu. Alla sera quando arrivo l’altra bici è ancora lì. Certe volte al mattino presto arrivo prima io, altre volte la trovo già lì. Non so di chi sia, quella bici gemellata alla mia dal destino.
Ora, se questa fosse la trama di una commedia romantica, i due ciclisti un giorno per caso si incontrerebbero. Magari incrocerebbero gli sguardi proprio mentre stanno chinati con la catena in mano sulla ruota posteriore. Lei avrebbe i capelli biondi e le guance rosse per il freddo. Lui arrossirebbe un po’ nel suo cappotto troppo largo. Poi forse prenderebbe l’iniziativa: “Le posso offrire un caffè signorina?”. Perché nelle commedie romantiche le persone che stanno per finire insieme (per sempre felici e contenti) si danno sempre del lei quando si conoscono.
Oppure lui, dopo anni di biclette incatenate, si prenderebbe una giornata di ferie per scoprire chi è l’altro-a. La vedrebbe e ne cadrebbe innamorato come una pera cotta. La mattina dopo legherebbe la sua bici, oltre che al palo anche a quella di lei, testimoniando con una rigida catena il legame che vorrebbe creare. 
Lei non la prenderebbe bene e tornata quel giorno prima di lui, lo attenderebbe a braccia conserte e sguardo spazientito (eppur meraviglioso, sul casting era espressamente richiesto), con accanto addirittura un vigile urbano. Che un po' di pathos nelle commedie romantiche c'è sempre. 
Ok la storia del darsi del lei ma poi in un'oretta e mezza dal timido incontro al futuro insieme qualcosa ci deve pur essere...
Lui scusandosi borbotterebbe qualcosa e il vigile non del tutto convinto sarebbe invitato a elevare una contravvenzione per sequestro di biciletta. I due si rivedrebbero poi in tribunale, l’uno contro l’altra e – ovviamente senza nessuna possibilità di scampo– si innamorerebbero.
Ma questa non è una commedia americana, tanto meno romantica, qui non è cinema, qui è la realtà.
Ecco quindi cosa accade davvero.
Le due bici passano la giornata insieme da anni. Legate allo stesso palo. Non fanno che chiacchierare, si piacciono. Vorrebbero vedersi di fronte, di manubrio diciamo, ma il destino impone che siano unite per il sedere, che si diano le spalle.
“Scusa la ruota eh.”
“Ma t’immagini, scusa tu. Temo anche di avere il fanalino rotto sai?”
“Invece ti trovo splendida oggi…”
"Stupido, non scherzare: ho la sella che si squaglia ormai dall’acqua che prendiamo qui all’aperto…”
“Senti tu per me sei una meraviglia. E vorrei che sapessi che non l’ho mai detto a nessuna bicicletta prima di ora…”
“…”
“Non faccio che pensare a te… ricordi quel che ti ho detto ieri? Ce la possiamo fare. Ho un piano, devi solo avere fiducia in me. Se tu potessi guardarmi diritto nel fanale anteriore ora capiresti che sono serissimo. Se io potessi sfiorarti il pedale con il mio, sentiresti tutto quel che provo, tutta l’energia di cui sono capace. Energia vera sai? Altro che questa dinamo rotta che mi porto in giro.”
“Non occorre guardarti nel fanale per capire che non menti. Sono quattro anni che passiamo la giornata insieme. Ti conosco meglio di chiunque altro. Mi fido di te.”
“Dimmi di sì, allora. E domani sarà il nostro giorno…”
“Sì, lo voglio, proviamoci…”
“Non aver paura. Andrà tutto bene…”
L’indomani lego la bici al solito palo. La bici blu c’è già.
Alle sette di sera torno e la mia bici non c’è più. E nemmeno l’altra. Per terra ci sono solo le due catene, tagliate. Mi chino e trattengo un’imprecazione. A momenti do una testata a un vecchietto che si china dall’altro lato del palo. Nessuna ragazzo carino e pronto a innamorarsi perdutamente di me. Non è mica un film americano, questo.
“Ci hanno fottuto le bici, zingari di merda” dice lui. Annuisco e me ne vado.
Entrambi pensiamo al solito furto.
Stavolta la verità è diversa.
Le nostre bici sono scappate insieme.
Innamorate.

martedì 28 agosto 2012

Copertine disbanded

Titolo alternativo per il cliente esigente che vuole poter scegliere:
Posso scrivere un titolo senza parole?

La leggenda editoriale racconta che Einaudi decise per la copertina così perché Salinger aveva rifiutato ogni proposta. Più che per scelta estetica, lo fece per sfinimento e per ripicca. La prima edizione del libro (forse proprio la prima) aveva in copertina un bambino con un gelato, in un'edizione successiva degli anni '70 diventò con un quadrato azzurro... Solo nel 2002 Einaudi pubblicò la copertina interamente bianca, proprio quello che Salinger voleva (praticamente dopo 50 anni). 
La copertina è perfetta. 
Non c'è nulla, e ci ha messo 50 anni per riuscirci così bene ad essere nulla.

mercoledì 11 luglio 2012

È primavera, svegliatevi cretini.

Titolo alternativo per il cliente esigente che vuole poter scegliere:
Uomini con la tartaruga.

La risposta per il target femminile al porno (?) della Tommasi è arrivata. L'obiettivo era chiaramente dimostrare che essere fighi non basta. Se sei deficiente non c'è parrucca rossa o tartaruga che tenga. Ce lo hanno dimostrato gli alieni, perché dopo averlo visto non mi sento di escludere la pista extraterrestre e ce lo dimostra anche A&F.
I sexy commessi che attirano ragazze con file lunghissime nel centro di Milano e del mondo ridotti a sembrare Ambra nei peggiori anni di Non è la Rai. A vederli si sente già odore di ormoni e della fragranza Abercrombie, un'esperienza davvero polisensoriale.  Un sincro che si perde tra musica strappata a Disney Channel e capacità di movimento che avevo visto solo al Bagaglino. Scoordinati come Le Veline, sensuali come Hamtaro. 
Non beccano una parola una del testo della canzone, che se non bastasse è cantata da una ragazza americana che ti rimanda subito a pensieri sconci come "di chi sarà prossimo plastico di Bruno Vespa?". Neanche un briciolo di autoironia, nemmeno uno sguardo di chi capisce qualcosa, qualsiasi cosa, basterebbe anche che dimostrassero di sapere come allacciarsi le infradito. Un video che è già parodia. Virale, viralissimo. Disbanded.

giovedì 5 luglio 2012

Bad day

Titolo alternativo per il cliente esigente che vuole poter scegliere:
Simmetrie 
 
Lui pensa da solo                                                                                                                   Lei agisce da sola
ma non si accorge di esserlo                                                                                                 ma ignora sia vero
e solo confonde                                                                                                                       e sola nasconde
ciò che manca davvero                                                                                                ciò che spera realmente
È notte                                                                                                                                                  È buio
è silenzio                                                                                                                                      è incertezza
Ma stai bene così?                                                                                                            Tu non vedi altra via?
Tu non vedi rimedio?                                                                                                             Ma stai bene così?
Hai sofferto abbastanza                                                                                             Hai sofferto anche troppo
e per questo abbandoni                                                                                                   e per questo nascondi
un destino sereno                                                                                                                  un volere sperato
E così agisci da solo                                                                                                            e così pensi da sola
Non sperare sia giusto                                                                                                    non pensare che basti
Perché non la cerchi?                                                                                                      Perché non lo aspetti?
Basterebbe uno sguardo                                                                                                   Basterebbe un sorriso
per sentirsi più veri                                                                                                             per sentirsi più vivi
perché la solitudine è vita                                                                                       perché la solitudine è gioia
se la condividi con il mondo.                                                                                   se la condividi con gli altri.                                                                 

giovedì 21 giugno 2012

Salvare vite umane

Titolo alternativo per il cliente esigente che vuole poter scegliere:
Libera!

-Lo stiamo perdendo, presto, libera libera.

-Nulla è sempre più debole, non c'è nulla da fare. Sono due settimane che peggiora.

Sguardi terrificati di chi sta per gettare la spugna.
Abbiamo capito che non c'è più nulla da fare. 
Un'altra scarica e sarà tutto finito.
Provare ancora è possibile. Un ultimo appiglio idealista.

-Dai, che non è accanimento teraputico. Proviamo ancora.

-Carica a 300 dpi. Libera la headline. 3...2....1. È troppo debole.

-Cazzo l'abbiamo perso. La campagna è andata. Ora del decesso 11.15.

Al decimo debrief esce nel titolo: "il futuro è più facile. Ed è bellissimo".

Io e l'art riusciamo a non guardarci. Riusciamo a non ridere. 
Attacchiamo il cartellino all'alluce. L'autopsia non sarà necessaria.
Ma un po' muoio dentro, 2 settimane di non vita per arrivare a questo?

Ripenso alla Arcuri che parla del libro di Marra. Il karma mi ha fottuto. Di nuovo. 
E no, non è per niente bellissimo. 

Anche se non stiamo salvando vite umane. 
È chiaro a tutti. Vero?


lunedì 21 maggio 2012

Con i tuoi occhi

Titolo alternativo per il cliente esigente che vuole poter scegliere:
Senza parole


Si conobbero una sera in una città che non era di nessuno dei due, e lui ripartì pochi giorni dopo. Un rapporto a distanza tra persone che non parlano la stessa lingua e sanno così poco l'uno dell'altra era sembrato da subito un'idea assurda. Troppo. Decisero però lo stesso di conoscersi. Dandosi un limite ulteriore, se questo avrebbe semplificato o reso più difficile le cose non fu chiaro all'inizio. Il limite era di conoscersi senza usare le parole. Solo immagini che raccontassero più delle parole, l'umore, la giornata e i pensieri così da evitare i come stai, cosa hai mangiato, quanto sono stanco...
Iniziò a mandarle una fotografia al giorno dai posti che visitava. Lui tutte le sere prima di andare a dormire, come una vecchia abitudine di sempre, le mandava un messaggio e sapeva che lei avrebbe visto quello che lui stava vedendo. Si ammassavano giorno dopo giorno paesaggi montani, cieli troppo azzurri, strade illuminate da lampioni rossi, sorrisi di sconosciuti, frutta e verdura poggiata per terra, finestre rotte, spiagge lunghissime con ombre di persone, animali grandi come macchine, grattacieli e tombini. E anche se non poteva essere con lei, questa idea gli piaceva. Non si scrivevano niente, guardavano solo attraverso gli occhi dell’altro.
Andarono avanti così per giorni che velocemente diventarono settimane. Fino a che lei si impuntò su di un dettaglio che non tornava, o meglio che tornava sempre in tutte le foto. Nonostante le foto fossero ben fatte e si notava la mano esperta, era sorprendente il vedere che in qualche modo, da qualche parte, si nascondeva sempre un disturbo, una macchia, una specie di alone. Ci mise un po’ per capire che quella forma offuscata era un dito e che quel dito era presente in tutte le foto, i paesaggi, i sorrisi dedicati.
Così approfittò per scrivergli, rompendo così il patto di silenzio.
“Ti ringrazio per le belle foto ma spiegami com’è possibile che in tanti anni di fotografie ancora non riesci a scattarne una senza mettere il dito davanti all’obbiettivo.”
Dopo qualche ora le arrivò la risposta: “quello non è un dito, quello è il posto dove dovresti essere tu."