domenica 14 novembre 2010

Generazione stage

Siamo la generazione sbagliata. Abbiamo più di vent'anni e meno di quaranta. Siamo cresciuti pensando che tutto ci fosse dovuto, che la crescita fosse continua e garantita, che il paradiso terrestre fosse tornato tra noi senza più serpenti, che il gioco sporco lo avessero già fatto i nostri genitori, che la guerra fosse finita, che tutto ciò che c'era da conquistare fosse stato conquistato. Noi potevamo e dovevamo solo godere: dal mulino bianco alla pensione d'oro. The future is written. Amen. Oggi invece ci ritroviamo a osservare spauriti i brandelli del cielo che cade. E come reagiamo? Corriamo a raccontarlo disperati ai nostri psicanalisti ai nostri neurologi, ai nostri amici, ai nostri specchi, ai nostri schermi. Gli anticorpi della lotta sono stati sostituiti da quelli del lamento. Gli ormoni della curiosità da quelli del voyeurismo. Il desiderio di conquistare il futuro dal terrore di essere inculati dal passato. La socialità è ormai un reality: serve a sfogarsi e a distrarsi. C'è un bell'articolo di Marco Mancassola, pubblicato ieri sul Manifesto e rimbalzato su facebook. Titolo: Generazione locked-in. Tra le tante domande che pone: "Perché un popolo di trentenni precari e sottopagati, de-realizzati, senza prospettive su alcun piano, si limita a soffrire ognuno per conto suo, nel chiuso ermetico della propria esistenza?" fonte
Spesso è così, è vero. Ma altrettanto spesso la sofferenza riesce a uscire dal chiuso ermetico... peccato che si concretizzi solo in uno sterile lamento. Un rumoriccio di sottofondo. Una scoreggetta buttata lì. Venti righe su un blog o uno status esclamativo su Facebook. Un "che merda" rantolante, con l'occhio triste e il bisogno quasi disperato di tornare nel guscio. Siamo una generazione sbagliata. Paranoica. Depressa. Delusa. Eppure geneticamente paralizzata. Persino quando vediamo un errore su Wikipedia mica lo correggiamo, però ce ne lamentiamo. La nostra più grande debolezza è pensare di essere in tanti, decisamente troppi nella stessa condizione. Con un futuro precario e un presente confuso. La colpa è quella di non fare nulla per cambiare le cose e aver smesso di avere la forza necessaria per ribellarsi, perchè quando mi sento dire di non avere abbastanza cognomi o non essere abbastanza "gentile" per trovare un posto da stagista neanche pagato mi viene da pensare che fare la escort sarebbe davvero la scelta più furba da fare al momento. Quando lo capiremo tutte probabilmente diventeremo troppe anche per fare quello. Per molte è più facile truccarsi e stare zitte. Per me è più faticoso stare in silenzio che dire quello che penso.