lunedì 21 maggio 2012

Con i tuoi occhi

Titolo alternativo per il cliente esigente che vuole poter scegliere:
Senza parole


Si conobbero una sera in una città che non era di nessuno dei due, e lui ripartì pochi giorni dopo. Un rapporto a distanza tra persone che non parlano la stessa lingua e sanno così poco l'uno dell'altra era sembrato da subito un'idea assurda. Troppo. Decisero però lo stesso di conoscersi. Dandosi un limite ulteriore, se questo avrebbe semplificato o reso più difficile le cose non fu chiaro all'inizio. Il limite era di conoscersi senza usare le parole. Solo immagini che raccontassero più delle parole, l'umore, la giornata e i pensieri così da evitare i come stai, cosa hai mangiato, quanto sono stanco...
Iniziò a mandarle una fotografia al giorno dai posti che visitava. Lui tutte le sere prima di andare a dormire, come una vecchia abitudine di sempre, le mandava un messaggio e sapeva che lei avrebbe visto quello che lui stava vedendo. Si ammassavano giorno dopo giorno paesaggi montani, cieli troppo azzurri, strade illuminate da lampioni rossi, sorrisi di sconosciuti, frutta e verdura poggiata per terra, finestre rotte, spiagge lunghissime con ombre di persone, animali grandi come macchine, grattacieli e tombini. E anche se non poteva essere con lei, questa idea gli piaceva. Non si scrivevano niente, guardavano solo attraverso gli occhi dell’altro.
Andarono avanti così per giorni che velocemente diventarono settimane. Fino a che lei si impuntò su di un dettaglio che non tornava, o meglio che tornava sempre in tutte le foto. Nonostante le foto fossero ben fatte e si notava la mano esperta, era sorprendente il vedere che in qualche modo, da qualche parte, si nascondeva sempre un disturbo, una macchia, una specie di alone. Ci mise un po’ per capire che quella forma offuscata era un dito e che quel dito era presente in tutte le foto, i paesaggi, i sorrisi dedicati.
Così approfittò per scrivergli, rompendo così il patto di silenzio.
“Ti ringrazio per le belle foto ma spiegami com’è possibile che in tanti anni di fotografie ancora non riesci a scattarne una senza mettere il dito davanti all’obbiettivo.”
Dopo qualche ora le arrivò la risposta: “quello non è un dito, quello è il posto dove dovresti essere tu."