venerdì 19 novembre 2010

Donna Draper e la mattina

Il telefono non suona da giorni, almeno non per motivi lavorativi. Tutto tace. Una delle poche consolazioni del non avere un lavoro è poter dormire la mattina e saltarla così.  Come una cosa che ci dovrebbe essere ma invece, inspiegabilente, non c'è. Come il sole a Milano. Vaglielo a spiegare il sole ai milanesi. Convincili poi che non è un'anomalia, e che vederlo quotidianamente non sarebbe poi troppa follia. La mattina io dormo, al massimo rispondo che sono un po' rincoglionita, ma mettere la sveglia aspettando che il telefono squilli è una tortura evitabile. Resisto aggrappandomi al ricordo di mattine peggiori e colazioni più amare.

Annego dentro una tazza di cappuccino vagamente bulimica
Lecco chucchiate d'indolenza.
Giro le mie paranoie insieme alla schiuma depositaria di antica glicemia.

Cerco di eludere l'inutilità dei tuoi gesti rimanendo ferma immobile.
E  anche questo mi costa fatica.
Vorrei mandare avanti con il tasto fwd e svegliarmi che sei già fuori.

Sappiamo talmente bene cosa stiamo per dirci,
che ci si potrebbe evitare il reciproco disturbo.
Raccontare un triste epilogo con parole che suonino leggere
di prima mattina è un esercizio da acrobati professionisti.

Non mi concedi il lusso del silenzio
Surreale visto l'abuso che ne hai fatto fino a qui
Avrei riservato le parole per  situazioni migliori
Avrei preferito la delicatezza di un tuo sguardo triste e sincero
Avrei gradito un cessate il fuoco siglato per osmosi
Avrei.

Taci.
Ti ascolto.
Resto ormai facilmente impassibile al vuoto delle tue parole
Molte mi scivolano leggere addosso solo alcune,
si impigliano ostinate tra i vecchi pensieri e i lunghi capelli.

Le lascio risuonare in me come un ritmo ovattato di una musica
che suona in lontananza.
Riconosco volutamente solo il suono di una voce che ho amato,
il resto è solo un fiume inarrestabile un'alternarsi distratto
di sono cambiato, sei cambiata, 
siamo cambiati.
Cambierò.

Te ne stai davanti al mio cappuccino senza sapore e continui a parlare.
Sul pavimento cimiteri dei tuoi racconti. 
Su ogni lapide una frase inutile.

Respiro. Calma. Altro respiro.
Non mi lascio sedurre dall'idea di risponderti,
cercando di tracciare linee di confini indefiniti
e fragili tra bugie e verità.

Scelgo di concedermi almeno il lusso del mio silenzio.
Rimanendo fedele a me stessa e alle mie parole,
E ti lascio il mio sguardo più triste e deluso.
Ti lasci attraversare e ti trascini fuori.
Anche dalla mia vita.

Non cambieremo. 

Intanto piove fuori e dentro me.
E sono pozzanghere di ricordi che riempiono la via della mia dimenticanza. 

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